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QUALI SONO LE PRINCIPALI CAUSE DI UN ATTACCO DI PANICO?

Molto si sa sugli attacchi di panico ma poco sulle principali cause. Gli attacchi di panico (detti anche crisi di panico) sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi fisici (palpitazioni, tachicardia, sensazione di soffocamento, dolore al petto, etc.) e psicologici (paura di perdere il controllo, di impazzire, paura di morire, etc.). Per sviluppare un disturbo da attacchi di panico è necessaria la presenza di attacchi ricorrenti e inaspettati. Questi sono seguiti da almeno 1 mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico.

Con la paura degli attacchi di panico diventa difficile e ansiogeno uscire di casa da soli, andare al cinema, viaggiare nei mezzi, guidare l’auto, stare in mezzo alle persone o in coda, e cosi via. L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente ed il paziente diviene schiavo del panico. Anche i familiari o compagni ne soffrono le conseguenze adattandosi di conseguenza, non lasciare mai questa persona sola e ad accompagnarla ovunque.

 

Cause dell’Attacco di Panico

Le cause dell’attacco di panico possono essere molto diverse tra loro. In genere il primo attacco si verifica durante un periodo particolarmente stressante dell’individuo. Lo stress può essere dovuto ad un singolo evento acuto oppure alla presenza più fattori concomitanti. Le più comuni fonti di stress che possono causare un attacco di panico sono:

  • Lutti di persone vicine o che avevano un quadro medico simile al proprio.
  • Malattie gravi.
  • Cambiamenti importanti nella vita (matrimonio, inizio o cambio di un lavoro, separazioni, pensionamento, licenziamento e problemi finanziari).
  • Periodi di lavoro continui ed intensi con scarso riposo.
  • Situazioni relazionali conflittuali.
  • Disturbo psicologico (depressione, disturbi alimentari, disturbo post-traumatico da stress)

Dopo il primo attacco in genere l’individuo sviluppa una forte preoccupazione e vive in uno stato costante di apprensione. Il pensiero che si genera sarà:

“Se il primo attacco è stato inaspettato allora potrebbe ripresentarsi ancora senza nessun avvertimento”.

Questo pensiero è molto comune e porta i soggetti a rimane in uno stato di tensione costante, di “paura della paura” che porta ad aumentare i livelli di stress e quindi favorire futuri attacchi.

 

Fattori di mantenimento

Una volta che è la persona l’attacco, intervengono almeno tre fattori per il suo mantenimento: attenzione selettiva, comportamenti protettivi ed evitamento.

  • Maggiore sensibilità all’Ansia: questo si riferisce alla paura delle sensazioni legate all’attivazione fisiologica. Queste si verificano sia in situazioni d’ansia ma anche per altri motivi come sforzi fisici, troppa caffeina. La Sensibilità all’Ansia amplifica la reazione ansiosa. La relazione tra questa sensibilità è bidirezionale: il panico può incrementare questa sensibilità e questa sensibilità può aumentare il rischio di sviluppare un attacco di panico.
  • Attenzione selettiva alle sensazioni corporee: prestare attenzione ad alcune sensazioni o manifestazioni del proprio corpo vivendole come pericolose. Questo contribuisce a sperimentarne maggior l’intensità ed attivando un circolo vizioso.
  • Comportamenti protettivi: sono quei comportamenti messi in atto allo scopo di evitare le conseguenze temute. Ad esempio camminare lungo i muri per non cadere a terra in mezzo alla strada in seguito ad un capogiro. Questi comportamenti, tuttavia, contribuiscono al mantenimento dei sintomi impedendo la disconferma di quanto temuto e confermando il pensiero negativo: Non cado a terra svenuta perché cammino lungo i muri.
  • Evitamento: limita la possibilità di sperimentare ansia e invalidare la credenza che questa sia catastrofica.
  • Emozione come informazione: lo stato emotivo in cui ci troviamo funziona come fonte d’informazione Per questo motivo se proviamo ansia deduciamo che ci debba essere un pericolo in agguato.

 

Che spiegazione si danno le persone sulle cause dell’attacco di panico?

Queste persone ritengono di essere particolarmente soggetto agli Attacchi di panico per una vulnerabilità fisica o mentale personale. Percezioni corporee sgradevoli o sensazioni di insicurezza danno luogo alla credenza “Sono fisicamente o mentalmente debole”. La persona con Disturbo di Panico costruisce, dunque, una teoria della “non vulnerabilità” che prevede di non provare mai sensazioni sgradevoli. Quello che viene richiesto spesso in terapia è di trovare un modo per non sperimentare mai queste sensazioni spiacevoli.

Un aspetto importante nella risposta ansiosa all’attacco o fuga nel disturbo di panico è l’iperventilazione. L’iperventilazione peggiora i sintomi che si stanno provando. Infatti spesso si ha più paura di sperimentare i sintomi da panico che la situazione ritenuta pericolosa. Tuttavia è una normale risposta fisiologica. I sintomi indotti saranno si spiacevoli e possono spaventare ma non sono dannosi e scompaiono quando si smette di iperventilare. Inoltre, tale respirazione peggiora anche gli altri sintomi. Chi iperventila dovrà consumare più energia, il che può portare ad altri sentimi (sentirsi accaldati, arrosare, sudare molto, sentirsi stanchi).

Le persone che sperimentano attacchi di panico attribuiscono, però, l’attacco alla situazione creando un rapporto di associazione causa-effetto.

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COME RICONOSCERE UN ATTACCO DI PANICO

Come riconoscere un attacco di panico? L’attacco di panico viene descritto come un fulmine a ciel sereno, qualcosa di improvviso. Questo è l’aspetto più spaventoso che le persone riportano: non capiscono cosa gli stia  succedendo, temono di poter avere un infarto, di morire, impazzire, svenire o perdere il controllo. La realtà, invece, è diversa. L’attacco di panico ha sempre un fattore scatenante, anche quando non si è in grado di riconoscerlo come tale, e fattori di mantenimento. Le interpretazioni che la persona da alle proprie sensazioni da l’avvio a un vero e proprio circolo vizioso del panico.

 

Riconoscere un Attacco di Panico: Sintomi

I sintomi fisici più comuni dell’attacco di panico si possono raggruppare in quattro macro aree:

  • Cardiorespiratori:
    • Palpitazioni o tachicardia.
    • Sudorazione.
    • Sensazione di soffocamento (Dispnea).
    • Sensazione di asfissia.
    • Dolore o fastidio al petto.
  • Gastrointestinali:
    • Nausea o mal di stomaco.
    • tensione addominale.
    • Diarrea.
  • Vestibolari:
    • Sensazione di sbandamento, instabilità.
    • Senso di svenimento o avere la testa leggera.
  • Psicosensoriali:
    • Paura di perdere il controllo ed impazzire.
    • Paura di morire.
    • Essere distaccati da se (depersonalizzazione).
    • Sensazione di irrealtà (derealizzazione).

Solitamente, i sintomi dell’attacco di panico raggiungono il loro picco in circa 10 minuti per poi svanire nel giro di pochi minuti. Dopo aver provato la spiacevole esperienza di questi sintomi, la persona teme che possa accadere di nuovo. Si innesca, dunque, un circolo vizioso: si percepisce uno stimolo minaccioso; questo crea uno stato di forte preoccupazione; le sensazioni che accompagnano questa preoccupazione vengono interpretate in modo catastrofico; aumenta lo stato di preoccupazione. E così via.

Un aspetto molto importante è l’iperventilazione o eccesso nel respirare. L’iperventilazione peggiora i sintomi in quanto crea uno squilibrio tra ossigeno ed anidride carbonica, facendo arrivare più ossigeno ai polmoni ma meno a certe parti del corpo e del cervello. Ci sono tecniche utili per contrastare l’iperventilazione.
Queste valutazioni possono trasformare il singolo attacco di panico in un vero e proprio disturbo di panico.

 

Dall’Attacco di Panico al Disturbo

Quando gli attacchi di panico sono ricorrenti, si parla di “Disturbo di panico”. In questo caso, gli attacchi di panico ripetuti ed inaspettati influenzano l’intera vita del paziente. Il disagio sarà maggiore e non solo relativa alla preoccupazione di avere un altro di panico, ma anche delle possibili conseguenze nei vari contesti di vita (lavoro, scuola, famiglia, sociale).

 

Diagnosi per Disturbo di Panico

Premessa: sperimentare qualche attacco di panico non è una condizione sufficiente per sviluppare un vero e proprio disturbo. La prevenzione è un fattore chiave in quest’ottica. Iniziare un percorso psicologico per una forte ansia o magari una semplice valutazione può essere di grande aiuto.
Per fare diagnosi di disturbo di panico devono essere soddisfatti alcuni dei seguenti criteri:

  • Ricorrenti attacchi di panico inaspettati, con almeno quattro dei seguenti sintomi nelle quattro macro aree (cardiorespiratori, gastrointestinali, vestibolari e psicosensoriali). Se i sintomi sperimentati sono meno di quattro, l’attacco viene definito paucisintomatico.
  • Almeno uno degli attacchi di panico deve essere seguito da un mese (o più) di uno o entrambi seguenti sintomi:
    • Preoccupazione continua per l’insorgere di altri attacchi o per le loro conseguenze (es. “impazzire”, perdere il controllo..).Alterazione disadattava del comportamento (es. comportamenti di evitamento).
    • Alterazione disadattava del comportamento (es. comportamenti di evitamento).
  • L’alterazione non è attribuibile agli effetti di una sostanza (es. droga, farmaco) o di uno specifico quadro medico (ipertiroidismo, disturbi cardiopolmonari).

Quindi per fare diagnosi di disturbo di panico occorre che il primo episodio di attacco di panico sia inaspettato, ovvero che si verifichi di punto in bianco. Poi è possibile che la persona sperimenti attacchi di panico situazionali, cioè quelli che si manifestano invariabilmente all’esposizione di una precisa situazione. Inoltre, sperimentano una pressoché costante paura di sviluppare un nuovo attacco di panico (ansia anticipatoria). Ma attenzione: ansia e attacco di panico non sono la stessa cosa. Seguente al primo attacco è necessario che a ne seguano degli altri, tali da caratterizzarsi come ricorrenti. La frequenza e la gravità degli attacchi di panico variano ampiamente (APA, 2013).

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QUAL È LA DIFFERENZA TRA PAURA E FOBIA?

Spesso, nel linguaggio comune, le parole ‘paura’ e ‘fobia’ vengono utilizzate come fossero sinonimi. In realtà non è così ed in questo articolo spiegherò la differenza tra paura e fobia.

 

La paura

La paura, insieme a tristezza, gioia, disgusto, rabbia ed altre, è una delle emozioni di base degli esseri viventi, evolutiva e che ci mette in guardia dai pericoli. É possibile parlare di paura come quella reazione appropriata di fronte ad uno stimolo pericoloso. Questo meccanismo, comune a tutti gli esseri viventi, ci permette di reagire al pericolo con rapidità, in modo da garantirci la sopravvivenza. Ad esempio, mentre facciamo un’escursione sentiamo un fruscio in un cespuglio ed esce un lupo si ha una reazione di paura.

Oggi gli stimoli che ci fanno paura raramente sono lupi, leoni o invasioni, quanto piuttosto la perdita di un lavoro o un cambiamento di vita. Tuttavia le reazioni fisiologiche, del pensiero e del comportamento rimangono le stesse. Pensiamo alla prima forma di paura, nei bambini, che è la perdita del contatto fisico con la mamma e a 8/9 mesi si ha paura dell’estraneo.

Da quanto detto finora, la paura è quella reazione emotiva e stato mentale che viene suscitato da un pericolo ben individuato nella sua natura, circoscritto nello spazio e nel tempo. La paura è, generalmente, proporzionale al rischio a cui si è consapevoli di essere esposti in funzione del pericolo percepito.

 

Dalla paura alla fobia: differenza

Ansia e paura, seppur presentino delle caratteristiche in comune, non sono però la stessa cosa. La paura, più arcaica dell’ansia, è uno stato che condividiamo con tutti gli altri animali più evoluti, in particolar modo con gli altri mammiferi. L’ansia, invece, sembra essere un’emozione tipicamente nostra, dell’essere umano. L’evolversi della paura, con la progressione delle nostre capacità cognitive di immaginazione, anticipazione e progettazione, ha portato all’ansia.

L’ansia fobica si crea quando una paura è legata ad una situazione non realmente pericolosa o comunque meno pericolosa di quanto il soggetto avverta. Questa paura si amplifica provocando ansia. In altre parole: la differenza che c’è tra l’esser terrorizzati da una lupo selvaggio (paura giustificata e naturale) e l’esser terrorizzati da una cavalletta (paura ingiustificata, quindi fobia). Alcune forme di fobie possono riguardare persino aspetti piacevoli della vita come ad esempio il sesso.

I sintomi fisiologici provati da chi soffre di fobie sono molto simile alla reazione di paura: tachicardia, vertigini, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza.
Le fobie, generalmente, sono classificate in fobie generalizzate (come l’agorafobia), la fobia sociale (paura di esporsi in pubblico) e le fobie specifiche (che posso essere di tipo situazionale, su animali, sull’ambiente naturale, su sangue-infezioni o altro).

 

Conclusione

Ansia e paura sono comuni in tutti gli individui. Il fatto che una persona non provi paura in una situazione in cui sia ragionevole provarla può essere il primo campanello d’allarme di una disfunzione. La fobia, invece, è un fenomeno patologico che crea disagio e compromette la propria vita.

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COMPORTAMENTO PERSONA ANSIOSA: COME SI COMPORTA?

L’Ansia, come macro categoria, è un’emozione caratterizzata da un’insieme di pensieri, comportamenti e reazioni fisiche che si manifestano in seguito alla percezione di uno stimolo ritenuto minaccioso verso cui non ci riteniamo capaci di reagire. Di per sé l’ansia non è un qualcosa di anormale. Si tratta di un’emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell’organismo. Tuttavia, se questo stato di attivazione si prolunga nel tempo e causa un disagio importante, si può parlare di disturbo d’ansia. Ma qual è il comportamento di una persona ansiosa?

 

Sintomi dell’ansia

La parola ansia, dal latino “angere” ossia “stringere”. La sensazione di disagio di costrizione viene vissuta da chi soffre di uno dei disturbi legati al suo spettro. Infatti non esiste il disturbo d’ansia in generale, ma a seconda delle caratteristiche abbiamo: ansia generalizzata, fobia (specifica o sociale), agorafobia, attacchi di panico, ansia da separazione.

Ci sono dei sintomi che, generalmente, si manifestano con più frequenza nei disturbi ansiosi. Questi comprendono palpitazioni o tachicardia, aumento della sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, dolore o fastidio al petto, sensazioni di “testa leggera” o di svenimento, brividi o vampate di calore, paura di perdere il controllo o “impazzire” e paura di morire. Questi non necessariamente si presentano in tutti le persone che soffrono d’ansia, ma anzi, possono declinarsi in diverse forme a seconda dell’individuo in questione.

 

Comportamento di una persona ansiosa

Come per i sintomi descritti sopra, anche il comportamento varia da persona a persona. Tuttavia possiamo identificare delle caratteristiche in comune.

Alcuni comportamenti prevedono dei gesti ripetitivi, compulsivi, che le persone mettono in atto ripetutamente per mitigare qualche pensiero legato all’ansia o all’angoscia, come ad esempio arricciarsi i capelli o mordersi le unghie. Generalmente si tratta di comportamenti involontari che si manifestano a prescindere dal controllo del soggetto.

Altri comportamenti, più volontari, sono orientati al cercare di stare costantemente impegnati. Generalmente chi soffre d’ansia non ama avere momenti liberi o di noia, anche perché temono che i pensieri ansiogeni arriveranno.

L’omologo mentale delle compulsioni sono le ruminazioni. La differenza sostanziale è che invece di riferirsi ad azioni concrete, si riferisce a pensieri. Chi soffre d’ansia sembra aspettarsi sempre il peggio da ogni situazione e la ruminazione dovrebbe poter far riflettere su tali situazioni per affrontarle. In realtà si rivela un meccanismo inefficace perché paralizza le nostre azioni rischiando di tradurle in manifestazioni somatiche.

Se la persona dovesse mai fallire in un proprio progetto o pianificasse dei progetti troppo ambiziosi, il fallimento farebbe scaturire un forte senso di colpa. Spesso questo è associato al fatto che la pianificazione non ha tenuto conto di elementi di realtà. Un fallimento non adeguatamente appresso ed elaborato rischia in chi soffre d’ansia di iperattivare l’atteggiamento di autocritica e autorimprovero ed una riduzione nello sperimentare e nel fare.

A quest’ultimo punto è collegata l’angoscia per il futuro, tematica ricorrente nei pensieri e nei discorsi delle persone ansiose. Generalmente la preoccupazione è rivolta perlopiù al futuro perché, rispetto al presente, è incontrollabile e difficilmente “manipolabile” dall’individuo.

Nonostante pensieri e comportamenti ci portano a credere che non sia possibile uscire dal vortice ansioso, questo è possibile e realizzabile. L’ansia può essere compresa, elaborata, gestita e risolta.

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QUANDO E PERCHÉ ANDARE DALLO PSICOLOGO

Andare dallo psicologo o da uno psicoterapeuta è ancora oggi una decisione troppo spesso presa con diffidenza o con vergogna. Nella nostra cultura sono ancora tanti i pregiudizi che avvolgono lo psicologo o chi si rivolge a loro:

“Andare da uno psicologo? Io? Non sono mica matto.”

“Non perdere tempo e soldi con uno psicologo, basta parlarne con un amico.”

“Stai tranquillo, tutto passa! Fatti forza, vedrai che le cose si sistemeranno.”

 

Quando andare dallo psicologo

Racconto che una parte del proprio corpo ha bisogno di un intervento medico è abbastanza semplice. Capire invece che si sta vivendo una sofferenza interna, non organica, che necessita di un aiuto psicologico è più difficile. Come per il corpo, a volte succede che con le proprie risorse e con il tempo le cose possano migliorare. Ma se questo non avviene? Se invece il disagio e la sofferenza si ripresentano, magari più acute?

Sono questi i casi in cui ignorare i campanelli d’allarme e continuare ad aspettare rischia di aumentare il disagio fino a, potenzialmente, far strutturare un disturbo. La cosa più sana è prendere in mano la situazione, tutelare la propria salute, prevenire il disagio o intervenire quando questo è diventato forte e invalidante.

Si può decidere, dunque, di andare dallo psicologo per motivi diversi sia legati ad un disagio emotivo, a situazioni che creano disagio, a relazioni che causano sofferenza ma anche al desiderio di migliorare se stessi personalmente e professionalmente. Ma se per vari motivi si è trascurato il proprio benessere psicologico e si è iniziato ad avere segni e sintomi di disturbi psicologici, sarà necessario intervenire per non peggiorare la salute della persona. Alcuni esempi di situazioni in cui è bene rivolgersi ad uno psicologo sono:

  • Quando il malessere interferisce con le nostre attività quotidiane.
  • Se fai fatica a concentrarti, lavorare o relazionarti serenamente con le persone care (famiglia, amici, partner).
  • Se hai vissuto un evento particolarmente stressante (lutto, separazione, matrimonio, università, lavoro) e gli effetti si protraggono nel tempo.
  • Se ricorrono sintomi di alcuni disturbi psicologici, quali:

 

Perché rivolgersi ad uno psicologo?

Iniziare un percorso psicologico non significa essere deboli o ammettere una sconfitta, tutt’altro.  Significa avere una buona coscienza di sé ed il coraggio di mettersi in discussione per ottenere la miglior versione di sé stessi. È una scelta di benessere che permette di conoscersi meglio, individuare, aumentare e potenziare le proprie risorse, affrontare in modo più adeguato le difficoltà che si incontreranno.

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SINTOMI DELL’ANSIA: QUALI SONO E COME RICONOSCERLI

Tutti conosciamo l’ansia e i suoi sintomi, quella sensazione sgradevole caratterizzata da un diffuso stato di apprensione e dalla percezione di un pericolo imminente, più o meno reale.

L’ansia è una reazione del tutto normale ed evolutiva in risposta ad un pericolo oppure a un fattore stressante. In associazione a tale attivazione, si verificano diversi cambiamenti a livello psicologico e fisico che forniscono l’energia e la forza necessaria per far fronte alla condizione di pericolo. Tuttavia, parliamo di disturbo d’ansia quando questa causa del disagio importante e cioè quando:

  • Si manifesta in momenti inappropriati.
  • Si manifesta spesso, con una certa frequenza.
  • É talmente intensa e duratura da interferire con le normali attività di una persona.

 

Sintomi dell’ansia

L’ansia può presentarsi all’improvviso, come nel disturbo di panico, oppure gradualmente, nel corso del tempo (ore, giorni, settimane..). Può durare da pochi secondi a minuti. L’ansia è percepita in modo diverso da persona a persona ed anche la sua manifestazione è variabile. Il disagio prodotto dall’ansia che è un minimo comune denominatore è quel senso di non avere controllo, come una disconnessione tra mente e corpo. La persona vive una paura e preoccupazione, oppure teme un luogo o un evento specifico.

I sintomi psicologici più comuni dell’ansia possono essere riassunti in:

  • Preoccupazioni eccessive ed apprensione.
  • Tendenza alla catastrofizzazione.
  • Irritabilità anche alla minima sollecitazione ed impazienza.
  • Vergogna.
  • Difficoltà a concentrarsi e scarsa attenzione nelle attività quotidiane.
  • Sensazione di perdita della propria personalità e del senso della realtà.
  • Sensazione di affaticamento e stanchezza ma con difficoltà a rilassarsi.
  • Disturbi della memoria.
  • Disturbi del sonno.

I sintomi fisici, neurovegetativi, sono rappresentati da:

  • Battito cardiaco accelerato o non regolare (aritmico).
  • Difficoltà alla respirazione.
  • Senso di oppressione toracica.
  • Fame d’aria (dispnea) e sensazione di soffocamento.
  • Respirazione accelerata (iperpnea).
  • Dolore toracico.
  • Stordimento, vertigini, sensazione di instabilità e mancato equilibrio.
  • Svenimento imminente (lipotimia).
  • Vampate di calore o di freddo.
  • Sensazione di “nodo in gola”.
  • Sudorazione eccessiva.
  • Senso di debolezza e stanchezza (specialmente agli arti inferiori).
  • Tensione muscolare.

Infine, concludiamo con la risposta comportamentale molto comune nei sintomi ansiosi:

  • Evitamento delle specifiche situazioni.
  • Ricerca delle vie di fuga ed allontanamento.
  • Immobilizzazione.
  • Reazioni eccessive di fronte agli stimoli.

Voglio ricordare che i sintomi dell’ansia in generale possono variare notevolmente e differire da persona a persona.

 

Riconoscere l’ansia

Riconoscere i sintomi dell’ansia non è semplice. Molti di questi sono comuni sia a normali situazioni ambientali (indigestione, attività fisica, spavento, etc.) sia ad altre situazioni patologiche. Non è possibile stabilire a priori che, per esempio, una frequente tachicardia elevata sia senza dubbio ansia.

Sarà fondamentale escludere tutte le eventuali cause organiche.

Dall’ansia e dai disturbi ansiosi si può migliorare e guarire. Per farlo, in molti casi è necessario ricorrere a un percorso di terapia psicologica. Per alleviare i sintomi dell’ansia, inoltre, possono essere di grande aiuto alcuni rimedi naturali.

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COSA NON VA TRA NOI? PROBLEMI SESSUALI NELLA COPPIA

Non è raro incorrere almeno una volta in qualche difficoltà di coppia o problema sessuale nel corso della vita (non riuscire a raggiungere l’orgasmo, far fatica a mantenere un erezione, contenere l’intensa eccitazione). D’altra parte ci sono delle fasi (come l’adolescenza) o delle condizioni di vita che, più facilmente, possono farci scontrare con alcune difficoltà.

Per salute sessuale intendiamo l’integrazione di fattori psicologici, corporei, affettivi, intellettuali e sociali della persona, compiuta in maniera tale da essere vissuta positivamente, esaltando la personalità umana, la comunicazione e l’amore.

Il sesso, in una relazione di coppia, risulta essere molto importante al fine di unire e di avvicinare l’un l’altro i due partner. Il sesso, infatti, non è solo ricerca di piacere fisico ma anche la maniera più diretta per trasmettere all’altro quel senso di accettazione profonda che ogni persona ricerca.

Problemi e disfunzioni sessuali

Per identificare un problema dell’intimità come una disfunzione sessuale è necessario che questo crei del disagio alla persona per un periodo di almeno 6 mesi. Queste disfunzioni sono:

  • Disturbi del desiderio sessuale.
  • Difficoltà nell’eccitazione sessuale.
  • Disturbi dell’orgasmo.
  • Disfunzioni sessuali dovute a una condizione medica o indotte da sostanze.

Principali problemi sessuali nella donna

  • Carenza del desiderio sessuale e dell’eccitazione: caratterizzata dal non avere alcuna iniziativa per le attività sessuali. Insieme a questo la donna non risponde ai tentativi da parte del partner di iniziare l’attività sessuale. Durante il rapporto, invece, c’è un ridotto piacere ed eccitazione sessuale.
  • Disturbo dell’orgasmo femminile: caratterizzato dal ricorrente ritardo o assenza dell’orgasmo dopo un normale rapporto sessuale. Questo è sperimentato anche se negli atti preliminari sono stati sperimentate sensazioni erotiche gradevoli. Tale disfunzione può essere assoluta (non è in grado di raggiungere l’orgasmo in toto) o situazionale (solo in circostanze particolari e/o con particolari tipi di stimolazione).
  • Dolore della penetrazione: marcato dolore durante il rapporto o i tentativi di penetrazione. Spesso si presentano vissuti di paura e ansia intensa per la penetrazione prima, durante o a fine rapporto.

Disfunzioni sessuali nell’uomo

  • Carenza del desiderio sessuale: è caratterizzato da un freno al desiderio con una ridotta presenza di fantasie sessuali, scarsa iniziativa verso l’attività sessuale o lenta risposta alle richieste sessuali del partner.
  • Disturbo erettile: forse quello più frequente. Spesso tale disfunzione si accompagna ad ansia, timore di fallimento, vergogna. Questo come un circolo vizioso porta ad una ridotta sensazione soggettiva di piacere ed eccitazione sessuale alimentando il ciclo di auto mantenimento del disturbo. La presenza di erezioni spontanee notturne e mattutine e la capacità  di raggiungere e mantenere l’erezione durante la masturbazione, possono suggerire che non vi siano cause organiche, ma che il problema sia di natura psicologica.
  • Eiaculazione precoce: impossibilità a controllare l’eiaculazione dopo pochi movimenti coitali o prima ancora di introdurre il pene in vagina. Per definirsi come disturbo deve provocare notevole disagio o difficoltà nella relazione con il partner.
  • Eiaculazione ritardata: caratterizzato da persistente ritardo o assenza dell’orgasmo, in seguito ad una stimolazione adeguata e a un’eccitazione soddisfacente.

Come si curano le disfunzioni sessuali?

In presenza di un problema sessuale la persona può scegliere se recarsi da sola o con il/la partner. Questo secondo caso può essere molto utile poiché è inevitabile che la problematica impatti su entrambi i membri della coppia ed in più perché il/la partner può rivelarsi un grande alleato nel percorso.

Escludendo che la disfunzione sessuale non sia legata a cause organiche, il problema sessuale ed il disagio associato necessitano di un intervento psicologico. Occorrerà capire quale significato abbia questo evento nella vita della persona o nella storia della coppia. Solo dopo si procederà con un percorso in linea con quello che la presa di consapevolezza comporta.

Se c’è una disarmonia complessiva o del rancore nella coppia che impedisce di godere dell’interazione fisica, ci può essere una avversione al contatto fisico oltre che sessuale. Attraverso metodo e impegno, la persona dovrà mettersi in gioco con il partner, sperimentandosi, intervenendo parallelamente sui contenuti emotivi e cognitivi. In aggiunta si dovrà raggiungere una riformulazione dei comportamenti e delle modalità  relazionali, promuovendo una maggiore conoscenza di sé e di sé con l’altro, un’aumentata consapevolezza del proprio piacere e una migliore comprensione del proprio modo di vivere l’intimità  con l’altro.

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DIFFICOLTÀ NELLE RELAZIONI CON GLI ALTRI: COSA SI PUÒ FARE

Nell’uomo la spinta a relazionarsi è forte: le persone sono in relazione con se stesse, con l’altro, con la sua famiglia, amici e con la società e l’ambiente circostante. Generalmente le relazioni interpersonali ci arricchiscono e ci fanno star bene. Talvolta, però, possono essere fonte di intensa sofferenza e disagio. Come la ricerca della relazione anche la rottura è forte e crea sofferenza, fin dall’infanzia, nel momento della separazione dalla figura di riferimento. Le difficoltà nelle relazioni hanno spesso a che fare con due sfere importanti di noi: una sentimentale e una sociale.

 

Come si manifestano le difficoltà nelle relazioni

La qualità delle relazioni che abbiamo creato o vorremmo creare è determinante per il nostro benessere. Può accadere che i rapporti per noi significativi comportino fatica di gestione e sofferenza dovuta a diversi fattori tra cui:

  • Intensa conflittualità.
  • Comunicazione poco efficace.
  • Difficoltà  a comprendersi.
  • Rancori.
  • Aspettative irrealistiche.

Un problema relazionale può impedire alla singola persona di vivere in modo positivo la relazione, di provare un forte senso di disagio ed inadeguatezza che può portare ad isolamento, rabbia e diffidenza.

Relazionarsi comporta il reciproco inviare e ricevere informazioni. Generalmente le difficoltà nelle relazioni riguardano il comunicare, sia verbalmente che non verbalmente. I problemi possono nascere e mantenersi in relazione a dinamiche comunicative disfunzionali che possono divenire paradossali.

 

Difficoltà nella Famiglia

Le relazioni familiari si compongono di equilibri che sono mutevoli nel tempo. Il cambiamento può portare a sperimentare delle difficoltà che talvolta si strutturano come particolarmente intense. Queste possono riguardare i figli, la famiglia d’origine, la famiglia intesa come coppia. Può accadere che i legami si ledano e creino interazioni che causano difficoltà  e sofferenza in uno o più dei membri della relazione. A questo rischio si aggiungono gli eventi burrascosi che determinano cambiamenti: ad esempio nascita di figli, cambio o perdita di lavoro, malattie, lutti, divorzi, nuove unioni. Uno dei componenti generalmente ha la necessità di evidenziare maggiormente il disagio che sperimenta.

 

Difficoltà nelle relazioni di Coppia

Come per altre relazioni, anche quella di coppia ha un inizio ed un’evoluzione nel tempo, evoluzione che interessa sia i singoli partner sia la relazione tra loro. Non sempre gli equilibri restano funzionali. Può capitare che i partner sentano il legame come insoddisfacente e limitante, non basato su una comprensione reciproca, contribuendo alla relazione al 50-50. Capita che ci si ritrovi in una situazione di “stallo” in cui i partner si accontentano di restare in una dinamica insoddisfacente senza riuscire a trovare strategie per cercare un equilibrio. La comunicazione e l’interazione possono diventare frustranti e disfunzionali.

 

Come si possono affrontare le difficoltà relazionali?

L’aspetto determinante per raggiungere un cambiamento sarà riconoscere che c’è un problema, sviluppando una consapevolezza. Successivamente si potrà capirne la causa e trovare gli strumenti e il sostegno per affrontarlo. L’obiettivo di un sostegno psicologico mira ad identificare i fattori responsabili del disagio e del mantenimento della situazione attraverso un cambiamento di prospettiva. Sarà utile ristabilire un clima di fiducia sia verso di sé sia verso l’altro, lavorando sui comportamenti e sugli atteggiamenti disfunzionali, prendendosi cura della relazione e trovando modi costruttivi di confronto.

Insieme creeremo un percorso e stabiliremo degli interventi che possono aiutare ad evidenziare le problematiche, rendere più chiare le modalità  di interazione disfunzionale e supportare nella ricerca di strategie per modificare le dinamiche relazionali per il raggiungimento di un nuovo equilibrio che tenga conto della negoziazione tra le esigenze di tutti. L’intento è mettere in luce i propri punti di forza, adattando il proprio stile affettivo riscoprendo o apprendendo strategie per affrontare le difficoltà.

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COSA SONO I DISTURBI ALIMENTARI E COM’È POSSIBILE AFFRONTARLI?

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi alimentari sono caratterizzati da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. I disturbi alimentari sono infatti legati ad una valutazione disfunzionale che la persona fa di sé stessa. In altre parole, la persona si percepisce il proprio valore in relazione al peso, all’idea di magrezza e al controllo della propria forma fisica.

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione crea molta sofferenza e limita la persona nelle sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Cose che sembrano banali diventano motivo di ansia e disagio: andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno. Nel senso comune si pensa che questa categoria di disturbi colpiscano prevalentemente le donne, ma oggi sappiamo essere piuttosto diffusi anche tra gli uomini.

Anoressia, Bulimia e disturbo da Binge Eating sono parole che ormai, grazie anche a tutti quei programmi televisivi o di intrattenimento, sono entrate nel linguaggio comune. Tuttavia c’è ancora un po’ di confusione.

 

Quali sono i principali Disturbi del Comportamento Alimentare

I disturbi alimentari più diffusi sono:

  • Anoressia Nervosa: rispetto a tutti gli altri disagi psicologici, l’anoressia nervosa ha uno dei più alti tassi di mortalità. É caratterizzata dalla marcata restrizione nell’assunzione di calorie ed un peso corporeo eccessivamente più basso rispetto alla media delle persone con quell’altezza, età e peso. La persona ha un’intensa paura di prendere peso tanto da percepire il proprio corpo in modo alterato, più “grasso”. I pochi e poveri pasti vengono spesso compensanti con vomito autoindotto, farmaci, digiuno, attività fisica eccessiva.
  • Bulimia Nervosa: è caratterizzata da abbuffate con successive condotte di compensazione, come per l’anoressia nervosa. L’abbuffata si caratterizza  da un assunzione di cibo superiore a quella normalmente assunta, nello stesso tempo e in circostanze simili. Questo disagio si nasconde dietro ad un’immagine corporea spesso né in sovrappeso né in sottopeso.
  • Alimentazione Incontrollata o Binge Eating: si tratta di una condizione di grave sovrappeso o obesità. L’abbuffata incontrollata si ripete come una costante non seguita, come nell’anoressia o bulimia, da condotte di eliminazione o controllo del peso. A differenza di altri disturbi alimentari, qui si denota una certa impulsività nei confronti del cibo.
  • Alimentazione Restrittiva: la restrizione nell’assunzione di cibo o l’evitamento può sia assumere la forma di disinteresse nei confronti del cibo in generale sia del rifiuto di assumere specifici alimenti a causa del sapore, dell’odore, della temperatura o della consistenza ma anche dalla preoccupazione per le conseguenze (ad esempio, soffocamento) derivanti dall’assunzione di un particolare alimento o gruppo di alimenti o del cibo in generale.

 

Trattamento dei Disturbi Alimentari

I disturbi del comportamento alimentare richiedono un intervento complesso che è possibile realizzarlo con la collaborazione di altre figure professionali: dietologi, endocrinologi e psicoterapeuti. Il trattamento dei disturbi alimentari dipende, ovviamente, dallo specifico disturbo e dai suoi sintomi.

L’intervento psicologico ha come obiettivo la costruzione di strumenti di conoscenza e di equilibrio emotivo e personale che facilitano nella persona l’attenuazione e/o la scomparsa dei sintomi ed a ritrovare il proprio obiettivo di peso. É utile aumentare e potenziare le proprie abilità di regolazione emotiva.

Un area di intervento può essere anche la famiglia di una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare. Questa è spesso disorientata e spaventata quando un familiare ha questo disagio: sensi di colpa, allarme oppure chiusura, negazione sono comuni reazioni alla sofferenza. L’obiettivo è quello di migliorare nella famiglia la gestione dello stress, il dialogo, la collaborazione, rinforzandone la resilienza.

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SOMATIZZAZIONE: LA SOFFERENZA MENTALE SI MANIFESTA SUL CORPO

La somatizzazione riveste un ruolo importante tra le malattie psichiche poiché evidenzia come il corpo sia un perfetto strumento di comunicazione di un disagio psicologico. Alla domanda, dunque, se le emozioni possono essere espresse tramite il corpo, la risposta è sì!

La somatizzazione, più precisamente, è quel processo che può portare al disturbo psicosomatico. Infatti, con tale termine si intende il meccanismo che trasforma i processi psichici in somatici, coinvolgendo il sistema nervoso, endocrino ed immunitario. In altre parole i disturbi psicosomatici si manifestano con sintomi fisici che suggeriscono l’esistenza di un disturbo organico.

Il disturbo da somatizzazione è abbastanza durevole nel tempo e rappresenta una sorta di adattamento a circostanze esterne o interne mancato o distorto che limitano la capacità di adattarsi con successo agli eventi della vita.

MANIFESTAZIONI DELLA SOMATIZZAZIONE

I sintomi di un disturbo psicosomatico non derivano né da una condizione medica generale né dagli effetti di una sostanza, ma solo dalla presenza di una sofferenza psicologica. L’ansia, la sofferenza, emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e trattenute, situazioni di stress continuo, trovano una via di scarico immediata nel corpo:

  • Gastrointestinale con nausea, colite, ulcera, gastrite.
  • Cardiocircolatorio con aritmia, ipertensione, tachicardia.
  • All’apparato urogenitale con dolori e/o irregolarità mestruali, disfunzioni dell’erezione e/o dell’eiaculazione.
  • Muscolare con cefalea, crampi, torcicollo, dolori muscolari.
  • Disturbi della pelle, forse la più comune, con acne, psoriasi, dermatite, prurito, sudorazione eccessiva.

I disturbi psicosomatici vengono a crearsi, dunque, a partire da un’interazione di problematiche psicologiche, psicosociali, ambientali e fisiologiche. Problemi legati ad eventi di vita, allo stress sul posto di lavoro o in famiglia, relazioni di coppia che non sono di qualità, uno stato d’animo sofferente sono tutti fattori che aumentano il livello di sofferenza della persona. Le emozioni giocano in tutto ciò un ruolo fondamentale, perché esse sono energia e come tale se non espressa o ben indirizzata possono creare o aggravare dei sintomi a livello organico.

La difficoltà che spesso si crea è che la persona fa fatica a capire se si trova di fronte ad un problema fisico o a qualcosa di più complesso. Non riesce a dare un nome o una definizione precisa al suo disagio e questo crea inevitabilmente ancora più ansia e stress.

COME AFFRONTARE I DISTURBI PSICOSOMATICI?

Un primo intervento medico è certamente necessario per escludere problematiche organiche. Ma non può essere l’unico in quanto non approfondisce le cause a monte del problema. Con la somatizzazione, la psiche sposta il problema sul corpo. Il lavoro terapeutico fa esattamente il contrario: riporta l’attenzione sulla parte psicologica, emotiva e relazionale del problema. Si cerca di capire da dove è partito il disturbo per poi poter lavorare per il benessere presente.

Altro obiettivo è quello di analizzare la relazione fra le situazioni che creano disagio e le abituali reazioni fisiche, emotive e comportamentali con cui la persona risponde. L’intento è quello di apprendere nuove e più adattive modalità di reazione e relazione.

Infine la persona insieme al terapeuta dovranno individuare e ristrutturare quei pensieri ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle reazioni fisiche, emotive e comportamentali che creano disagio.

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DALLA PAURA ALLA FOBIA: COSA SONO E COME AFFRONTARLE

Avere paura di qualcosa è normale, è una delle emozioni principali. Non solo, ma è anche evolutivo: questa emozione è infatti un efficace strumento in grado di difenderci e di tenerci lontano dalle situazioni pericolose. Ma cosa succede quando la paura si trasforma in fobia?

 

Che cos’è la Fobia

Una fobia è una forte paura nei confronti di un elemento specifico (un oggetto, una situazione, un animale, un luogo, ecc.) sproporzionata, sempre presente e spesso irrazionale, cioè nei confronti di qualcosa che non rappresenta una reale minaccia. Si innesca un processo che fa sperimentare alla persona stati di ansia e intensa paura, spropositati nei confronti dell’elemento che causa la fobia. Queste sensazioni portano la persona a farle mettere in atto comportamenti di evitamento delle situazioni nelle quali è probabile trovarsi lo stimolo. Lo stimolo fobico varia molto da persona a persona: alcune fobie specifiche sono più comuni (altezza, ragni, siringhe) mentre altre sono più insolite come tonalità di colore o suoni specifici.

 

Sintomi della Fobia

Come per il disturbo ansioso e da attacchi di panico, i sintomi provati da chi soffre di fobie specifiche possono essere raggruppati in tre aree:

  • Sintomi cognitivi: sono quelli legati al pensiero e, come abbiamo visto in precedenza, sono quelli che considerano pericoloso e dannoso uno stimolo che in realtà non lo è.
  • Sintomi fisiologici: sintomi relativi a un’iperattivazione fisiologica. Troviamo tachicardia, vertigini, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. In altre persone può viceversa attivarsi una risposta opposta, con un forte abbassamento della pressione sanguigna e decelerazione del battito cardiaco, fino a provocare mancamenti o svenimenti.
  • Sintomi comportamentali: per alleviare questo intenso disagio, chi soffre di fobia specifica tende ad evitare le situazioni associate alla paura, similmente a quanto accade per i disturbi d’ansia in generale. L’evitamento, tuttavia, non fa altro che andare a confermare il pensiero della pericolosità della situazione evitata e prepara all’evitamento successivo. Si crea, così, un circolo vizioso.

Bisogna far attenzione a non confondere la fobia specifica con altri tipi di disturbi che presentano caratteristiche simili, sia di paura che di evitamento.

La trasformazione da paura a fobia può avvenire in vari modi: può svilupparsi successivamente ad un evento connotato negativamente (un cane che ringhia) dove avviene un’associazione tra lo stimolo e il disagio/paura sperimentata (il cane ha provato a mordermi) che lo trasforma in uno stimolo fobico. Anche l’osservazione passiva ad altri può generare una fobia specifica: se un elemento ha creato un forte disagio ad altri potrebbe farlo anche alla persona che osserva, pertanto si crea lo stesso meccanismo di associazione.

 

Tipi di Fobia Specifica e quelle più comuni

Le fobie specifiche possono essere classificate in diverse tipologie:

  • Situazioni: la paura è provocata da una situazione specifica o ad un luogo chiuso (trasporti pubblici, aerei, automobile, gallerie, ponti, ascensori, ecc.).
  • Animali: quindi la paura di un animale o una categoria di animali (ragni, uccelli, piccioni, insetti, cani, ecc.).
  • Ambiente naturale: tutto ciò che si può trovare in natura o nell’ambiente (temporali, altezze, buio (scotofobia), acqua, ecc.).
  • Sangue-iniezioni-ferite ma anche procedure mediche più invasive.

Non esistono solo queste tipologie, ma le più comuni ci rientrano sicuro. Esistono poi altri tipi di fobia specifica: ad esempio la paura di situazioni che potrebbero portare a contrarre una malattia o la percezione del proprio corpo come sproporzionato, brutto rispetto a come realmente è.

Le fobie generalmente più comuni comprendono la paura di:

  • Ragni (Aracnofobia)
  • Parlare in pubblico (Glossofobia)
  • Volare in aereo (Aerofobia)
  • Sangue (Emofobia)
  • Spazi limitati (Claustrofobia)
  • Altezze (Acrofobia)
  • Cani (Cinofobia)
  • Temporali e dei tuoni (Brontofobia)
  • Morte (Tanatofobia)
  • Malattia di cuore (Cardiophobia)

 

Come superare questa paura

Un intervento molto utilizzato per affrontare e superare la fobia è l’esposizione graduale agli stimoli temuti: la persona viene progressivamente esposta allo stimolo e avvicinata fino ad arrivare ad avere contatto diretto. Lo stimolo fobico, parallelamente, diventa neutro ai suoi occhi grazie ad un lavoro di ristrutturazione delle idee irrazionali relative allo stimolo. I passaggi espositivi sono rigorosamente graduali, partendo da una foto fino all’oggetto o situazione temuta. Non si passa allo step successivo se la persona non si sente completamente a suo agio in quello attuale.

Nel caso in cui la persona non se la sente di approcciarsi allo stimolo temuto o l’esposizione risulta complessa (nel caso della paura dell’aereo non si può richiedere alla persona di fare un viaggio a settimana in aereo) è preferibile l’esposizione immaginativa. Questo tipo di esposizione consiste nel far immaginare al paziente la situazione fobica. E’ importante che la persona raggiunga un’immagine molto vivida della situazione temuta, favorendone una descrizione molto attenta e precisa.

Parallelamente a questo è utile approcciarsi a tecniche di rilassamento muscolare ed interventi cognitivi volti a ristrutturare il pensiero nei confronti dell’oggetto fobico.

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ANSIA E ATTACCHI DI PANICO: SINTOMI E CARATTERISTICHE

Ansia e Attacchi di panico sono termini spesso utilizzati per indicare un’insieme di pensieri, comportamenti e reazioni fisiche che si manifestano in seguito alla percezione di uno stimolo ritenuto minaccioso e nei cui confronti non ci riteniamo sufficientemente capaci di reagire. L’ansia di per sé, tuttavia, non è un fenomeno anormale. Si tratta di un’emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell’organismo quando una situazione viene percepita soggettivamente come pericolosa. L’ansia fisiologica è quello stato di tensione psicologica e fisica che comporta un’attivazione generalizzata di tutte le risorse dell’individuo. Essa è rivolta ad uno stimolo difficile, realmente presente e spesso conosciuto. L’ansia diventa patologica quando crea, in maniera più o meno evidente, disagio e sofferenza. È caratterizzata da uno stato d’incertezza rispetto al futuro, con anticipazione dei risultati e la prevalenza di sentimenti spiacevoli.

Sintomi dell’Ansia

Le persone con Disturbi d’Ansia solitamente presentano pensieri ricorrenti e preoccupazioni. Inoltre, possono evitare alcune situazioni come tentativo di gestire (o non affrontare) le preoccupazioni. Si possono raggruppare i sintomi del disturbo ansioso in 3 gruppi:

  • Sintomi cognitivi: sono sintomi riferiti all’aspetto del pensiero e comprendono il senso di vuoto mentale, un senso crescente di percezione del pericolo, immagini mentali o ricordi spaventanti e la sensazione di essere al centro dell’attenzione.
  • Sintomi comportamentali: l’ansia si traduce in una tendenza immediata all’esplorazione dell’ambiente, nella ricerca di spiegazioni, rassicurazioni e vie di fuga. La strategia principale istintiva di gestione dell’ansia è inoltre l’evitamento della situazione temuta (strategia “better safe than sorry” – “meglio prevenire che curare”).
  • Sintomi fisiologici: dovuti a una iperattivazione del corpo, sono costituiti da tachicardia, ipersudorazione, spasmi alla gola, affanno, vertigini, difficoltà ad addormentarsi e/o risvegli frequenti, tensione ed altri.

In realtà quando si dice che si soffre del disturbo d’ansia, facciamo riferimento all’ansia generalizzata. Tuttavia non esiste un singolo disturbo d’ansia ma si classifica in diversi quadri sintomatologici, tra cui:

Dall’Ansia agli Attacchi di Panico: il Disturbo di Panico

Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla regolare e frequente manifestazione di attacchi di panico.

L’attacco di panico è un episodio di ansia acuta, nel quale si verifica un improvviso aumento della paura in risposta a qualcosa che viene percepito come minaccia. Questa paura compare in modo improvviso e intenso, ma ha generalmente una durata molto breve (10 minuti ca.). L’attacco di panico è spesso associato ad altri disturbi d’ansia. Da solo non viene considerato un disturbo in quanto si tratta di un episodio circoscritto e transitorio, che chiunque potrebbe sperimentare. Tuttavia parliamo di Disturbo di Panico se questi attacchi sono sperimentati con una certa frequenza e in modo sistematico (almeno 1 mese). La manifestazione dell’attacco di panico può partire da una situazione di tranquillità, rendendo l’imprevedibilità la caratteristica molto temuta da chi soffre di questo disturbo.

La componente cognitiva dei pensieri che ha un ruolo importante e accompagna questo disturbo sono essenzialmente due:

  • Paura di perdere il controllo.
  • Paura di morire.

L’intensa agitazione sperimentata è invece correlata da somatizzazione e da alcuni sintomi fisici che possono essere:

  • Palpitazioni e tachicardia.
  • Sudorazione eccessiva.
  • Tremori.
  • Mancanza d’aria o sensazione di soffocare.
  • “Avere la testa leggera”, confusione mentale.

Come uscire dall’Ansia

L’obiettivo di un intervento psicologico e psicoterapeutico è quello di fornire alla persona gli strumenti per sapere gestire l’ansia e modificare le percezioni errate. Il mio intervento è quello di indebolire progressivamente i legami tra gli stimoli ansiogeni e la percezione dell’ansia. Questo è possibile insegnando alla persona tecniche di rilassamento, per calmare il fisico e la mente, ed aiutandola a saper riconoscere i pensieri ricorrenti e gli atteggiamenti distorti che causano disagio, sostituendoli con pensieri realistici o più funzionali al proprio benessere.

Una volta acquisiti questi strumenti è necessario metterli in pratica. Una volta elaborate le emozioni che creano disagio ci si indirizza all’apprendimento di nuove modalità di risposta mettendosi in gioco ed esponendosi gradualmente alle situazioni temute.

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DEPRESSIONE: COS’È, SINTOMI E COME SUPERARLA

La depressione è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “il male del secolo”. Se ne sente parlare sempre più spesso ma non tutti sanno davvero cosa sia, che effetti ha e come affrontarla.

La depressione è un disturbo del tono dell’umore: il tono è alto quando siamo in condizioni piacevoli, va verso il basso quando viviamo situazioni sgradevoli, come nel caso della depressione.

 

Sintomi della depressione

Chi soffre di depressione sperimenta generalmente angoscia persistente, perdita di interesse nelle attività quotidiane, senso di inadeguatezza, autosvalutazione, considera l’ambiente circostante come “ostile” e il futuro appare incerto. Nello specifico, queste persone riportano alcuni dei seguenti sintomi: perdita di energia, cambiamento dell’appetito, insonnia o ipersonnia, difficoltà a concentrarsi, irrequietezza, senso di colpa o di disperazione, pensieri di autolesionismo o suicidio. Caratteristica della depressione è la tendenza a valutare ogni situazione in maniera negativa e pessimistica con sensazioni che ci fanno sentire “giù di morale”.
Alcuni dei sintomi somatici più comuni della depressione più comuni sono:

  • perdita di energie;
  • senso di fatica;
  • disturbi della concentrazione e della memoria;
  • agitazione motoria e nervosismo;
  • perdita o aumento di peso;
  • disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia);
  • mancanza di desiderio sessuale;
  • dolori fisici;
  • senso di nausea.

Alcuni eventi destabilizzanti che possono favorire lo sviluppo della depressione possono essere:

  • Malattie fisiche
  • Separazioni coniugali
  • Difficoltà nei rapporti familiari
  • Gravi conflitti e/o incomprensioni con altre persone
  • Cambiamenti importanti di ruolo, di casa, di lavoro
  • Licenziamenti
  • Fallimenti lavorativi o economici
  • Essere vittime di un reato o di un abuso anche in età infantile
  • Perdita di una persona cara
  • Rottura di matrimonio o fidanzamento
  • Problemi con la giustizia
  • Bocciature a scuola

Sentirsi depressi non significa sentirsi tristi, ma è come se si vedesse il mondo attorno a se come se si indossassero degli occhiali con lenti opache: tutto diventa grigio, scuro e difficile da affrontare. Anche compiere le semplici attività quotidiane come alzarsi dal letto, lavarsi, telefonare ad un amico, fare una passeggiata.

 

Come uscire dalla depressione

I sintomi depressivi modificano notevolmente il benessere, le attività quotidiane e il comportamento di chi ne soffre. Molti di questi cambiamenti, a catena, determinano un peggioramento del problema. Un modo per interrompere questo circolo vizioso è proprio quello di aumentare le abitudini e le motivazioni nel compiere le attività, specialmente quelle piacevoli. Questo offre la possibilità di distogliere il pensiero e di non ruminarci sopra, di darsi obiettivi con l’obiettivo di riconquistare, piano piano, il controllo della propria vita e tornando a sperimentare emozioni positive.

Inoltre imparare a riconoscere, gestire e modificare i pensieri automatici  disfunzionali ti aiuta a migliorare l’umore. Per esempio, dei tipici pensieri automatici disfunzionali possono essere:

“Non sarò mai in grado di fare nulla, che stupido che sono.”

“Mi considerano tutti un incapace e un perdente”

“Sicuramente rimarrò solo!”.

Per uscire dalla depressione è utile avere in mente una metodologia efficace che permetta di:

  • Riconoscere quando l’umore sta per abbassarsi.
  • Diventare più consapevoli dei pensieri, delle emozioni e delle sensazioni fisiche che predispongono ai sintomi depressivi.
  • Sviluppare una risposta funzionale alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni negative.
  • Imparare a tollerare le emozioni e i pensieri indesiderati piuttosto che ricorrere a vecchi meccanismi abituali, automatiche e disfunzionali.
Coppia in terapia - Sostegno psicologico di coppia - Daniele Gregorio Psicologo

SOSTEGNO PSICOLOGICO DI COPPIA

Nella vita di tutti i giorni possono essere diverse le situazioni, le difficoltà o i problemi di coppia che spingono due persone a richiedere un sostegno psicologico di coppia. Il rapporto di coppia è un sistema dinamico, ricco di legami e che influenzano numerose sfere della vita dell’individuo. La coppia viene influenzata, oltre che dai singoli membri, anche da fattori esterni. Questi possono essere le relazioni con le famiglie d’origine, dal tipo di lavoro, dalle disponibilità economiche, dalle amicizie o dalle scelte su come utilizzare il tempo libero e da molti altri fattori.

È una realtà complessa che attraversa fasi critiche, esponendo i partner a tensioni spesso portatori di disagio e conflitti. Ci si può sente soli, tristi, impauriti o con stati d’ansia difficili da tollerare. Anche nella sfera intima ci potrebbero essere dei problemi sessuali. Un momento di crisi può insorgere all’improvviso o dopo un periodo di latenza. Questa si manifesta quando, a parte i normali momenti di disequilibrio, vive la ripetitività, il costante ripetersi di litigi, contrasti, incomprensioni.

 

Richiedere un sostegno psicologico di coppia

La richiesta di un sostegno psicologico di coppia si configura come un percorso orientato alla soluzione delle problematiche attuali della coppia e all’elaborazione della sofferenza. Le difficoltà che la coppia si trova a dover affrontare possono essere di diverso tipo: conflitti durante una nuova convivenza, coppia senza figli, nascita del figlio, compiti educativi verso i figli, pensionamento, lutto, ecc.

 

Obiettivo generale

L’obiettivo è portare la coppia ad elaborare e gestire gli ostacoli e le difficoltà. Ci si orienta a favorire nuove modalità di ascolto reciproco e di espressione dei bisogni individuali. È importante tener presente che l’intervento non è finalizzato trattenere la coppia. L’obiettivo è mirato alla risoluzione del conflitto, al miglioramento del dialogo e al benessere di ogni membro.

Puzzle a forma di testa - Sostegno psicologico individuale - Daniele Gregorio Psicologo

SOSTEGNO PSICOLOGICO INDIVIDUALE

Nella vita di tutti i giorni possono essere diverse le situazioni, le difficoltà o i problemi che spingono le persone a richiedere un sostegno psicologico individuale. Diverse possono essere le cause: difficoltà nelle relazioni, nel prendere decisioni, nella gestione di conflitti interni e/o esterni, disagio emotivo legato a separazioni, problemi di studio o lavorativi, problemi sessuali.

 

Richiedere un sostegno psicologico individuale

La richiesta di un sostegno psicologico individuale si configura come un intervento in cui vengono accolte le problematiche portate dall’utente, identificate connessioni fra il problema specifico e il contesto di vita ed individuate le risorse per poter raggiungere gli obiettivi desiderati. Questo tipo di percorso, generalmente di breve durata, è adatto a chi desidera essere sostenuto in un particolare momento di crisi. Questa può essere una situazione problematica o dolorosa, nell’affrontare cambiamenti di vita, che a volte indeboliscono le proprie risorse personali.

Questo tipo di supporto può essere molto utile anche a persone vicine all’individuo afflitto da problemi psicologici (il partner, i familiari, i parenti, gli amici).

 

Obiettivo generale

L’indagine delle proprie difficoltà permette una nuova visione, una rielaborazione, da cui è possibile creare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate. Ciò che si raggiunge al termine del percorso è un diverso livello di consapevolezza di sè, di autonomia, di valorizzazione delle proprie risorse personali. Ma anche di acquisizione di una nuova consapevolezza del proprio modo di affrontare problematiche (professionali e/o personali). In altre parole, uno degli obiettivi più generali di una consulenza psicologica di questo tipo è quello di aiutarti. Aiutarti a recuperare un senso di maggiore autoefficacia, resilienza e definizione nel perseguire i propri obiettivi.

Il cambiamento è realizzabile poiché è possibile apprendere, in modo graduale, comportamenti nuovi e modalità di pensiero diversi.

Ragazza che svolge una consulenza psicologica online - Daniele Gregorio Psicologo

LA CONSULENZA PSICOLOGICA ONLINE

Negli ultimi anni sentiamo parlare spesso di consulenza psicologica online. Tuttavia, spesso non abbiamo chiaro in cosa consiste realmente, come si svolge e come è possibile che uno psicologo possa offrire un servizio efficace e professionale attraverso internet.

Come psicologo online offro questo servizio a chi vuole iniziare un percorso per il proprio benessere o per migliorare la qualità della vita.

Negli anni il progresso tecnologico è avanzato velocemente e sono, di conseguenza, aumentate le modalità con cui possono essere offerti i servizi sanitari online. Come per la terapia dal vivo vis-a-vis l’obiettivo della consulenza online è quello di individuare e definire il problema, accrescere la consapevolezza e sviluppare strategie utili per affrontarlo.

 

Vantaggi della Consulenza Psicologica Online

La consulenza online non è una fuga da quella tradizionale di persona quanto piuttosto un ausilio. Vediamo 3 vantaggi:

  • Riduce la resistenza del “fare il primo passo”: c’è chi non lo fa per paura di essere stigmatizzato in quanto accede a determinati servizi (Rochlen, Zach & Speyer, 2004). C’è invece chi è semplicemente indeciso o poco motivato nell’iniziare una terapia online e potrebbe risultare meno difficoltoso accedervi prima online.
  • È utile per chi è impossibilitato a muoversi da casa: i servizi online hanno un enorme potenziale nell’aumentare l’accessibilità all’assistenza psicologica.
  • Permette una riduzione dei tempi e dei costi.

 

L’altra faccia della medaglia: gli svantaggi

Come in tutte le cose, anche questo tipo di consulenza ha dei limiti, tra cui:

  • problemi legati alla linea che fa saltare la connessione impedendo qualcosa di continuativo;
  • guasti tecnologici (es: malfunzionamento di microfono, cuffie etc).

 

Cosa serve per la Consulenza Psicologica Online?

  • una buona connessione ad internet;
  • un paio di cuffie;
  • un microfono;
  • un programma di chat online (Google Meet, Skype, Zoom)